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Viaggiare a vuoto, forse, smettere
In qualunque tipologia di trasporto, l’esecuzione di percorsi a vuoto da parte del mezzo vettore è fisiologica e talvolta pure necessaria: dal trasporto di linea ai carichi eccezionali o pericolosi, il percorso di ritorno a vuoto è normativamente disciplinato e generalmente obbligato. In questi casi, gli usi e le consuetudini del settore portando il vettore ad addebitare alla propria committente anche tale onere accessorio.
Viaggiare a vuoto è conveniente?
Nei periodi di crisi, generalmente, ovvero in particolari condizioni di sviluppo commerciale, i vettori aumentano i percorsi a vuoto, utilizzando il corrispettivo del viaggio in andata per coprire almeno una parte dei costi fissi di gestione. Il mezzo trasportatore, arrivato a destino, può comunque sostare qualche giorno in attesa che si trovi un trasporto “di ritorno”, che talvolta viene eseguito ad un prezzo inferiore rispetto a quello del mercato, frustrando così le offerte dei vettori locali e le relative condizioni tariffarie.
A lungo andare, questa prassi di dumping incrociato determina la “colonizzazione” dei vettori operanti nelle aree in cui è più alto il traffico di entrata, da parte delle imprese che godono di condizioni più favorevoli, in termini di costi di esecuzione del servizio di trasporto e che sono in grado di organizzare un viaggio di ritorno c.d. spot, privo di particolari garanzie contrattuali.
Invece, come potremmo incentivare la riallocazione dei percorsi a vuoto
Già la originaria legge n. 298/74, in sede di istituzione delle tariffe a forcella, prevedeva le ipotesi di sconti tariffari per il caso in cui le parti concordassero anche l’esecuzione di un viaggio di ritorno a carico (bilanciamento) ovvero l’affidamento di un ulteriore servizio di trasporto avente luogo di carico a poca distanza dal luogo di destinazione del primo trasporto (triangolazione). Si trattava di ipotesi contrattuali che hanno lo scopo di fidelizzare il vettore (o, eventualmente) il subvettore abitualmente impegnato dalla committente, nell’ambito di un rapporto di autotrasporto a prestazioni differite nel tempo. Accanto a questa clausola contrattuale, è possibile ipotizzarne una speculare, parimenti in uso nel settore, per la quale è il vettore che si riserva di addebitare alla committente l’eventuale percorso a vuoto che sarebbe obbligato a fare nell’esecuzione di un trasporto verso località particolarmente isolate.
Il contratto di trasporto come punto marketing
Venuto a mancare il precedente quadro normativo, spetta quindi agli operatori di prendere coscienza dell’incidenza dei costi dei percorsi a vuoto nel trasporto commissionato, valutando ipotesi logistiche che possano abbatterli ovvero soluzioni contrattuali che consentano di recuperarli presso terzi beneficiari.
Ciò che si permette di consigliare è di non ignorarli, facendo finta che il mezzo vettore, una volta eseguito il trasporto di andata, fosse libero di andare a caricare altrove, quando invece per le sue caratteristiche (ad esempio cisterna ATP) ovvero le esigenze della committente (resi, pallets. rolls) rendessero comunque necessario l’esecuzione di un ritorno carico. Il rischio di un successivo contezioso è infatti sempre presente.