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31.07.2022

La gestione della lite da parte delle assicurazioni: la Giurisprudenza fa chiarezza

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Nel campo della responsabilità civile CT, sono state recentemente pubblicate alcune autorevoli sentenze, da parte della Corte di Cassazione (sezione III civile, 5.7.22 n. 21220 eppoi a Sezioni Unite, 7.7.22 n. 21514) nonché da parte della Corte Costituzionale (24.6.22 n. 159) che prendono posizione in merito ai talvolta delicati rapporti tra assicurato, compagnia di assicurazione ed i terzi coinvolti nelle relative pratiche.

 L’art. 1917 del codice civile prevede, da un lato, che: “nell'assicurazione della responsabilità civile, l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto.” Dall’altro lato, prevede che “Le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse. L'assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l'assicuratore.

Queste disposizioni, apparentemente incontrovertibili, sono state oggetto, nel corso degli anni, di interpretazioni ed applicazioni ampiamente discutibili, i cui effetti si sono allargati anche al significato stesso del contratto di assicurazione, tramutato da negozio aleatorio, in cui si paga un premio per essere coperti dagli effetti dannosi di un evento futuro ed incerto che si prevede si possa verificare, a rapporto di servizio, in cui l’assicuratore si occupa di gestire il rischio e l’eventuale sinistro, surrogandosi all’assicurato nella gestione delle controversie, anche nei confronti dei terzi danneggiati o corresponsabili. In questo secondo caso, generalmente disciplinato da apposite clausole contenute nei contratti di assicurazione che tutti noi sottoscriviamo, il conflitto tra gli interessi dell’assicurato e quelli dell’assicuratore è evidente e concreto.

Gli interessi da conciliare tra assicurato ed assicuratore

Infatti, una volta accaduto l’evento assicurato, l’interesse genuino del cliente é che l’assicurazione proceda sollecitamente al pagamento di tutti i conseguenti danni, mentre quest’ultima è tenuta a verificare l’effettività del sinistro, le responsabilità, i soggetti destinatari del risarcimento; a questa ipotesi c.d. virtuosa, si affiancano le patologie note a tutti, non così frequenti, ma che hanno condotto le assicurazioni a disporre una serie di cautele e rimedi contrattuali finalizzare a perseguire i propri interessi, a pagare il dovuto e, se possibile, a recuperare quanto pagato, agendo in rivalsa presso soggetti terzi eventualmente responsabili.

Lo scenario si è complicato laddove vengono predisposte clausole contrattuali volte a limitare ingiustificatamente gli obblighi dell’assicuratore, ovvero a limitare ingiustamente i diritti dell’assicurato ovvero dei terzi: tale, ad esempio, è la previsione contrattuale di una clausola c.d. claims made, secondo la quale l’assicurazione risarcirebbe i danni causati a terzi in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” anche se denunciati dopo (ovvero accaduti prima, ma ignoti alle parti): all’esito di plurime controversie, decise anche dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, l’applicazione di tale clausola contrattuale, seppur fosse valida, è stata sottoposta a dei limiti di ragionevolezza.

Invece, Cass. n. 21220/22 interviene con chiarezza su di un’altra clausola tipica dei contratti assicurativi, che prevedeva il c.d. accordo di gestione della lite, secondo il quale l’assicurazione, concordato con il proprio cliente che la pratica risarcitoria sarebbe stata seguita da un legale da essa nominato, non sarebbe stata tenuta a risarcire le spese sostenute dall’assicurato per il proprio avvocato di fiducia. In questo caso, ribadita l’inderogabilità della norma citata in premessa (ai sensi dell’art. 1932, comma I, c.c.) la Cassazione accerta la nullità di tale clausola, che deroga in pejus i diritti dell’assicurato (fatto salvo che il risarcimento complessivo non superi i limiti del massimale). Inoltre, Corte Cost. n. 59/22 precisa che nei processi penali in cui l’assicurato sarebbe tenuto, se colpevole, a risarcire i danni causati a terzi, egli ha diritto, evidentemente tramite un proprio avvocato, a citare direttamente in quel giudizio la propria compagnia di assicurazione, con evidenti benefici in sede di eventuale patteggiamento. Infine, le Sezioni unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 21514/22, precisano la differenza tra la surrogazione operata dall’assicurazione nei diritti del danneggiato, che avviene quando lo risarcisce, verso i terzi responsabili del sinistro, dal regresso, che invece sorgerebbe come diritto autonomo rispetto a quello soddisfatto (ad esempio, nei casi in cui intervenisse un fondo di garanzia). Entrambi presuppongono però che la responsabilità del terzo contro cui l’assicurazione poi agisce nei modi sopra citati, debba comunque essere adeguatamente dimostrata: ciò tuttavia non significa poter dilazionare la pratica risarcitoria nel tempo, fino al momento in cui l’assicurazione non riceva il rimborso da quest’ultimo (come spesso avviene).

Osservazioni finali

In conclusione,  queste recenti precisazioni giurisprudenziali stanno a dimostrare come, in tema di responsabilità civile presso terzi, l’assicurato possa o talvolta debba vigilare sulla pratica risarcitoria attivata dalla propria compagnia di assicurazione, anche attraverso la nomina di propri professionisti e sin dall’inizio, al fine di fornire tutte le informazioni utili e non pregiudizievoli alla buona e tempestiva conduzione della stessa.

Michele Calleri

Postato da: Avvocato Michele Calleri

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