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12.02.2020

Il tormento delle fideiussioni omnibus e perpetue: occorre una soluzione per l’aggravamento della responsabilità di imprenditori e consumatori (Corte di appello di Milano, sentenza 8.1.2020 n. 5195).

L’esempio della fideiussione e della sua manipolazione da parte della prassi degli intermediari finanziari

Stando all’art. 1936 del codice civile “E' fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.” La normativa ordinaria prevede anche altri limiti a questo tipo di garanzia, tra i quali quello che la fideiussione sia limitata entro un importo prefissato, che il creditore non approfitti dell’esistenza di questa garanzia per finanziare indiscriminatamente il debitore principale, che lo escuta tempestivamente prima di agire contro il fideiussore e/o ricorra alla garanzia entro un ragionevole termine dall’accertata insolvenza.

Tutte queste disposizioni possono però essere teoricamente modificate nell’ambito dei singoli contratti privati e si può ben dire che di questa derogabilità gli intermediari bancari e finanziari ne hanno fatto ampio e talvolta indiscriminato uso, al punto che, già nel 1992, il Legislatore era intervenuto per vietare le fideiussioni che avessero ad oggetto tutte le eventuali obbligazioni future del debitore, senza limiti di importo (c.d. omnibus). Questo primo stop al proliferare di clausole vessatorie (sottoposte all’imprenditore come condizione di negoziazione del prestito richiesto, che questi approvava specificatamente per iscritto, divenendo fideiussore della sua impresa, originariamente a responsabilità limitata) non ha evidentemente impedito che, nel corso del 2005, l’Associazione Bancaria Italiana, a seguito di un’intesa con i “consumatori” avesse emanato uno schema tipico della fideiussione ancor più penalizzante per il rischio di impresa: in particolare, le clausole di una possibile “reviviscenza” della garanzia, nonostante che il debitore principale avesse proceduto all’estinzione del proprio debito (a copertura di eventuali revocatorie fallimentari), di una certa sua autonomia rispetto alle invalidità del debito garantito e della totale disapplicazione dell’art. 1957 cod. civ. “senza che il creditore sia tenuto ad escutere il debitore o il fideiussore, o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi ivi previsti” hanno comportato, per coloro che le hanno sottoscritte, una estensione della loro responsabilità omnibus al di fuori di ogni ragionevole limite materiale e temporale. Al punto che su tali clausole è dovuta addirittura intervenire la Banca d’Italia (Provvedimento n. 55 del 2.5.2005) per censurarle come frutto di una illegittima intesa.

Tale circostanza, unitamente a più rilevanti questioni insorte in merito agli interessi corrispettivi effettivamente applicati ai debitori morosi, ha sollevato forte contestazioni nei confronti dei comportamenti degli intermediari, che dovrebbero essere improntati alla trasparenza ed alle buona fede. Così è che, la Corte di Cassazione, con la nota sentenza del 12.12.2017 n. 29810 ha senz’altro disposto l’invalidità delle fideiussioni omnibus prestate a garanzia delle operazioni bancarie rilasciate in conformità allo schema contrattuale diffuso dall’ABI. Considerato che molte di esse non erano ancora state rinnovate in termini più equi per il fideiussore, l’incertezza del mercato per questa tipologia di garanzie e divenuta un fattore rilevante della più generale contrazione del credito alle imprese.

I rimedi apposti a tale situazione ci appaiono insufficienti: in particolare, affermare che una fideiussione contenente le suddette clausole invalide non sarebbe più tale (bensì un innominato “contratto autonomo di garanzia”) ovvero che occorre verificare, caso per caso, gli effetti di tale invalidità sull’economia generale del contratto (Cass. 15.6.19 n. 21878) appare una petizione di principio, priva di concrete conseguenze legali.

Infatti, su ricorso del nostro Studio, la Corte di appello di Milano, con la recente sentenza 8.1.2020 n. 5195, dichiarando senz’altro nulla la contestata clausola di deroga all’art. 1957 cod. civ., ha finalmente liberato un imprenditore dagli obblighi fideiussori che aveva sottoscritto a favore della sua impresa, una cooperativa responsabilità limitata, fallita a seguito di un’insolvenza di centinaia di migliaia di euro. Viene conseguentemente ribadito il principio secondo il quale se un soggetto struttura la propria impresa in modo da limitarne i rischi al capitale investito, non é sempre consentito il gravarlo di obblighi illimitati, nell’ammontare e nel tempo, a favore del solo intermediario finanziario ed a discapito dei creditori caratteristici dell’impresa.

Alcuni suggerimenti per iniziare una compliance finanziaria aziendale

Sembra ormai assodato che, nei tempi moderni, l’imprenditore sia costretto ad occuparsi più delle questioni finanziarie e fiscali relative alla propria azienda che della sua attività caratteristica. In effetti, gli strumenti utilizzati per dargli credito sembrano quasi ostacolarlo nella sua attività di espansione, ponendo soverchie garanzie a suo carico, talvolta illegittime, che gravano comunque sullo stato patrimoniale.

Sarebbe quindi il caso che l’imprenditore procedesse periodicamente ad una revisione garanzie prestate a favore della sua impresa, al fine di verificarne la legittimità ed ogni altra giustificazione (c.d. compliance legale) se possibile, ridurle o sostituirle con quelle più moderne e meno onerose, fino al punto di costituire una nuova società in cui trasferire il business sgravato da impropri oneri finanziari.

Postato da: Avvocato Michele Calleri

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