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26.03.2021

CONTRATTI SMART e BLOCKCHAIN, quale futuro per la logistica ed i trasporti?

Se la crisi finanziaria del 2009 ci ha insegnato qualche cosa, la maggiore condivisione delle informazioni relative alla attività svolte da ciascuna impresa è stata la strada imboccata per risolverla. Siccome però il mercato globalizzato parla inglese, la gran parte dei nuovi concetti manageriali è stata espressa in questa lingua, gettando scompiglio presso molti operatori nazionali e negli imprenditori di età avanzata.

Il presente intervento riguarda le più moderne forme di condivisione digitale: la “blockchain”, una struttura informatica che funziona come registro comune delle informazioni relative a agli atti più significativi compiuti dai soggetti partecipanti ad una determinata catena logistica e gli smart contract, che sono accordi e procedure che si concordano digitalmente, al verificarsi di predeterminate condizioni.

Sulla scorta dell’esperienza statunitense, soprattutto nel settore finanziario, anche la Comunità europea è in procinto di perfezionare la regolamentazione di queste strutture digitali, al fine di rilevare, sul piano giuridico, una particolare disciplina da applicare e dare ulteriore certezza ai soggetti che le utilizzano e agli atti che vengono compiuti, soprattutto in caso di eventuali controversie.

Il rovesciamento culturale dei rapporti tra le parti ed i suoi effetti giuridici

L’idea di contratti in serie perfezionabili con un semplice click (o una firma digitale) è un nostro sogno, sin dall’epoca dei documenti in c.d. stampa-unione: se non che, le fattispecie regolamentate possono essere simili, analoghe, ma quasi mai identiche. Lo smart contract appare quindi una forzatura, specie se le clausole ivi contenute non corrispondono alle condizioni generali del mercato di riferimento, ma sono unilateralmente predisposte da una sola delle parti contraenti. Certo che potremmo leggere e meditare su tutto quanto ci viene quotidianamente propinato in modo smart, ma, siccome siamo stupid (alla milanese) penso che andremo ad adottare strutture di intelligenza artificiale (AI) che vadano ad evidenziare delle clausole anomale nei documenti che ci verranno sottoposti per la sottoscrizione. Lo stesso discorso andrà fatto per le informazioni che andremo a condividere ai fini della stipula di questi contratti e/o nella loro successiva fase di esecuzione, su una piattaforma che, seppure costruita a blocchi (blockchain) non è impermeabile ad accessi od intrusioni dall’esterno. È tuttavia indiscutibile che, rispetto al passato, la moderna impresa di logistica e trasporto è tenuta a fornire maggiori informazioni rispetto all’attività caratteristica che svolge o andrà a svolgere ed altre le verranno sottratte allorquando le stesse cose trasportate saranno connesse ad internet (IoT). Questo è un dato di mercato, c’è poco da poterci fare, tanto vale predisporre buone informazioni da condividere, ma è come passare dall’andare a cavallo all’andare in moto.  

La condivisione delle informazioni nei settori frammentati

Il nuovo scenario da affrontare implica pertanto maggiore trasparenza sui prezzi e sulle condizioni di esecuzione del servizio offerto. La maschera di inserimento dei dati necessari alla stipula dello smart contract non consente trucchi ovvero omissioni ed una certa integrità è richiesta, quantomeno al fine di dimostrare la propria buonafede in sede di contenzioso. Anche la rendicontazione dell’attività conseguentemente svolta dovrà essere documentabile, se non altro per il fatto che gran parte delle informazioni condivise potranno avere rilevanza anche sul piano fiscale.  Ci si chiede pertanto che effetto avranno tutti questi dati da inserire in un settore frammentato come quello della logistica e del trasporto, laddove gli imprenditori, spesso in concorrenza tra di loro, operano nell’ambito di una catena produttiva o distributiva, generalmente gestita da clienti strutturati dotati di algoritmi finalizzati ad ottimizzarla, sul piano dei costi e dei tempi di esecuzione

La negoziazione degli smart contract

Le tutele approntabili di fronte agli scenari sopra ipotizzati, si fondano sul nostro codice civile che, differentemente rispetto a quanto accade nei paesi anglosassoni, si applica, talvolta inderogabilmente, nei rapporti tra le parti. Esso contiene delle disposizioni formali (quali quelle relative alle clausole vessatorie) degli espliciti divieti (ad es. a limitazioni ingiustificate della responsabilità) ovvero il rispetto di determinati obblighi (quali quelli sull’esplicitazione dei costi di sicurezza).  La presenza delle cennate disposizioni, talvolta supportate a livello comunitario, può consentire una certa flessibilità in tema di negoziazione precontrattuale, fermo restando che, una volta approntato un modello operativo, sarà difficile forzare il sistema per chiedere deroghe che non sono state ottenute prima della sottoscrizione del contratto.

Altro discorso è fattibile in situazioni successive all’inadempimento, laddove è lo stesso Legislatore ad incentivare soluzioni precontenziose, quali la mediazione o la negoziazione assistita: tuttavia, in questi casi, ci si potrà eventualmente a trovare a “discutere con uno stolido computer” posto che molte imprese affidano a questo servizio anche gli atti repressivi ovvero comunque impeditivi dell’altrui pretesa. Penso comunque che, se non ad un algoritmo, potrà comunque esserci dall’altra parte qualcuno cui affidarsi per trovare soluzioni di buon senso.     

La rendicontazione, dalla carta ai bit: aumentano i costi di gestione?

Il nuovo paradigma delle relazioni interpersonali, già depauperato dalla pandemia, potrebbe altresì necessitare di meno stampa e maggiore condivisione dei file, anche ai fini dell’archivio. Occorre pertanto incrementare i rispettivi ambienti telematici, il che non significa aumentare necessariamente i costi di gestione, ma certo incrementare le prestazioni del back office, ricorrendo a risorse umane nuove, anche se talvolta adibite a lavori ripetitivi e non scevri di un certo numero di errori. Tuttavia, non è il caso di preoccuparsi: il registro comune della blockchain sputerà fuori solo quanto sarà stato correttamente inserito e, da un certo punto in poi, potrà fare a meno della nostra stessa collaborazione.


Postato da: Avvocato Michele Calleri

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