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CONTRATTI BANCARI, questi sconosciuti, possiamo almeno leggerli in caso di controversie?
La modulistica dei contratti bancari ha ormai raggiunto il livello tale di raffinatezza che non è più possibile leggerla in un tempo ragionevole: è anzi comune esperienza quella di vederci sottoposta solo l’ultima pagina dei vari documenti, su di un tablet, da firmare elettronicamente. Spesso, non chiediamo neppure la copia cartacea di quanto abbiamo firmato, per non appesantire il nostro dossier. Le successive modifiche ai contratti, così come vengono comunicate dall’intermediario finanziario ai propri clienti, sembrano lasciargli spazio solo alla scomoda soluzione di recedere dal rapporto.
Il titolo VI del TUB (Testo unico Bancario) contiene specifiche disposizioni di cornice che impongono a banche ed intermediari finanziari un certo comportamento nei confronti dei loro clienti. Tuttavia, al momento del contenzioso, le cose si complicano, poiché non sempre il soggetto interessato ha a propria disposizione tutti i documenti necessari ad impostare la questione e spesso la banca non può o non vuole consegnarli.
Segnalo sul punto una recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 24181 del 30.10.2020, la quale ribadisce che il cliente ha sempre diritto ad ottenere dalla banca la copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, entro un congruo termine dalla sua formale richiesta e con l’addebito dei soli costi di riproduzione (art. 119 TUB).
Dal teorico al pratico: quali clienti? Quali documenti?
La novità della sentenza in questione risiede nel fatto che spesso, in sede di contenzioso, la richiesta di esibizione di questi documenti ai sensi dell’art. 210 c.p.c. non viene accolta perché giudicata “esplorativa” ovvero scaduta: invece, basta che il cliente provi l’esistenza di un rapporto contrattuale, affinché la banca sia tenuta a depositare la relativa documentazione. Per esempio, i contratti bancari dovrebbero essere stipulati in forma scritta ed allora potrebbero porsi dei problemi sulla riconoscibilità delle relative sottoscrizioni.
Altra particolarità risiede sulla definizione di “cliente” secondo la legge bancaria: tale va inteso, per la Cassazione, ogni soggetto che sia entrato in contatto con la banca anche se non ha stipulato i tradizionali contratti bancari (ad esempio, il fideiussore) ma é comunque interessato a conoscere in merito ad operazioni di cui è o potrebbe essere dichiarato responsabile, anche dopo lo scioglimento del rapporto garantito.
Quanto premesso, si tratta di una procedura non scevra di complicazioni, che possono essere contenute tra le stesse clausole dei contratti che si chiedono di esaminare, ovvero in interpretazioni estensive di norme sulla privacy o, più semplicemente, conseguenti a problemi pratici insorti da fusioni tra intermediari.
Le prospettive per la tutela del cliente dell’intermediario finanziario
Quanto premesso sul piano della trasparenza e della buona fede contrattuale, è chiaro come il contenzioso bancario si presenti in salita, per il cliente, ogni qualvolta non sia stato così previdente (o prevenuto) dal farsi copia della documentazione necessaria a predisporre il proprio reclamo. La soluzione migliore sarebbe che il Legislatore operasse “a monte” dei singoli contratti, vietando senz’altro l’apposizione di clausole che limitassero in modo ingiustificato i diritti del cliente, anche se non si trattasse di un mero “consumatore” (è la soluzione Belga di questi giorni). Altra idea sarebbe quella di un organismo apposito (ad esempio, l’attuale ABF - Arbitro bancario finanziario) che potesse segnalare alla Banca d’Italia i casi più comuni di mismatch tra intermediario finanziario e la propria clientela, affinché se ne ponesse un rimedio.
Quella giudiziale si presenta comunque una strada in salita, davanti alla Corti di merito, dove le richieste del cliente, spesso debitore, sono praticamente disattese.
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Michele Calleri
Avvocato